Vorrei avere uno spazio di vita in cui fare quello che mi piace,
continuare ad avere degli orari di lavoro che mi permettano di passare anche parte del mio tempo con chi mi soddisfa, mi rende felice, mi fa divertire e ridere,
provare a ballare per me che non ho mai fatto un solo passo di danza, se non essermi mossa a tempo di musica in discoteca a 20 anni. E’ vero che il ritmo, i suoni fanno parte della vita, ma poi li diamo per scontati, li facciamo diventare un sottofondo di una vita piatta. Si sto provando a ballare ed è a sensazione stranissima: da una parte la voglia di lasciarsi andare, di stare bene in un contesto nuovo, dall’altra la rigidità e l’abitudine di una vita, magari per molti versi sbagliata.
Vorrei uno spazio in cui la psicologia continuerà ad essere la mia passione, quella che mi permette anche di avere una professionalità ed una consistenza non indifferente, in cui ho investito anche tantissimo tempo, oltre che mio denaro, per non fare mai danni. Spazio: quel mondo della psicologia che io vorrei far conoscere, a cui vorrei che le persone si avvicinassero senza paura, a cui coloro che stanno male vorrei che aprissero il loro cuore.
Vorrei uno spazio, come scriveva anche Alda Merini, per vivere la mia vita senza intrusi, anche se so che ci sono persone che non sanno rispettare lo spazio altrui, che tentano di nutrirsi dei momenti di vita degli altri e nessuno ha mai insegnato loro l’importanza di essere se stessi (oltre alla bellezza di non risultare scortesi e sgarbati).
Reclamo la vita ed il mio spazio a costo di dover urlare al mondo intero il mio amore per la vita, che è un amore senza tempo, pura stupidità voler misurare l’amore in base agli anni, pura arroganza di una testa vuota che di fronte a colei che sta vivendo la sua passione di vita prova a fare un conteggio di date, perché per lui solo i numeri gli permettono di sentirsi vivo.
Allora si che inizio a sentire la musica, il battito del mio cuore che si emoziona di fronte alle cose belle, al sorriso di un volto, al dolore di un altro, il ritmo di due corpi che si incrociano e si muovono per trovare un nuovo tempo in comune.
Reclamo quello spazio di rispetto che quello uomo con la mente piatta pensava di potermi togliere in qualità di datore di lavoro, pensando di poter essere anche padrone della mia vita.
Pretendo lo spazio di una casa, anche se so che la casa non è indicativa del valore umano di chi vi abita, ma di chi la vuole vivere con brio; che una persona non può legarsi ad una casa, alla sua metratura, davvero povero mentecatto!
Vorrei uno spazio che mi permetta ancora di più di aggirarmi tra i vari oggetti di una stanza, di un ufficio, con sfacciataggine, quella acquisita con gli anni della mia vita vera, tanto da arrivare a dire ad un uomo che era un uomo di emme marrone perché pensava di poter disporre della mia libertà, decidendo lui i miei tempi.
Sì desidero con tutte le mie forze uno spazio di felicità.