Avevo scritto alcune considerazioni per l’originale performance video teatrale “La Grande Terra” di Luca Berto e Alessandro Gimelli. Dopo averla vista sono sempre più convinta che non esista modo migliore per onorare la memoria di tanti ragazzi, che hanno pagato un prezzo elevatissimo per combattere una guerra mondiale, che far circolare opere simili a La grande Terra. Nell’unire l’attività di conoscenza a quella di divulgazione, si sottolinea la parte umana di eventi mondiali, su cui altrimenti nessuno si soffermerebbe a riflettere.
“Il perno del progetto LA GRANDE TERRA è lo shellshock ossia lo shock da granata, il trauma da esplosione, da combattimento. La performance si snoda in tre parti: l’attesa della partenza, la vita in trincea, il ritorno a casa …”
Il TRAUMA DA GRANATA è l’espressione della sofferenza estrema dell’essere umano, non mediata dalla mente. La mente è obnubilata dal terrore, dalla confusione di non capire, dal non riuscire a riflettere sul futuro, né proprio né altrui.
In guerra sono saltati i collegamenti razionali, neanche gli altri uomini possono adottare misure di protezione,
Il corpo esprime quello che prova, senza poter nascondere la paura, arrivando alla dimensione di solitudine: nel senso che solo il corpo può fare qualcosa per non morire, la sopravvivenza dipende solo dal corpo, se lui riesce a rimanere vivo e non colpito dalle granate. La mente non può fare niente per proteggere l’incolumità del corpo, anzi aggiunge alla paura anche l’aggressività verso il nemico per il timore di essere colpiti.
Tutto è scomposto, salta l’integrazione delle parti nell’insieme, si passa dall’armonia dell’equilibrio possibile nella vita quotidiana, alla stonatura, alla disintegrazione e rottura della guerra. A vedersi sembra tutto scomposto nella postura perché siamo abituati a determinati movimenti, ma questa è l’unica modalità che rimane per manifestare quello che si è provato e vissuto in situazioni belliche che normali non sono.
Il corpo continua a ripetere il suo dramma personale, la morte aleggia dovunque, si è circondati ed immersi nel suo flusso. Impossibile quasi opporre resistenza al senso di morte in guerra, si peggiorano le cose, si aumenta la frattura.
Difficile parlare d’amore, anche se prima si era provato. Non è possibile raccontare a parole ai propri familiari al ritorno a casa; il racconto passa solo dalla gestualità, dal linguaggio non verbale. La comprensione della storia della guerra risulterà difficile a chi è rimasto a casa: come esseri umani non siamo esercitati a capire le atrocità!