Da un lato ci sono films che ci catapultano dentro una realtà umana drammatica, filtrata dall’ironia degli attori e dei registi, ad esempio gli ultimi films con Checco Zalone e di Carlo Verdone. Dall’altro c’è la drammaticità della vita umana filtrata dall’indifferenza degli altri spettatori. In entrambi i casi esistono realtà lavorative paradossali e situazioni di lavoratori molto particolari, a tratti estremamente rappresentativi di quello che è l’immaginario prevalente dell’universo attivo.
Trovarsi senza lavoro fa sentire lontani dai riflettori della vita, perché l’assenza di lavoro rischia di declassare da essere umano a cosa indefinita, ci sono uomini e donne che vivono un dramma personale di cui è difficile parlare con chi sta attorno. Chi poi a 40/50 anni si trova senza lavoro, grazie anche a normative che permettono tutto questo (non che le persone lavorino e vengano orientate al lavoro grazie a queste normative, però sono sempre pronte in agguato a colpire subdolamente) , è fregato!
Dal punto di vista psicologico subisce un attacco alla propria persona da cui è davvero difficile riprendersi. Perde di valore personale e il senso di dignità viene meno; non perché lo voglia la persona, ma il contesto sociale agisce. Più che esser dirottati su inserzioni di centri per l’impiego, interinali, etc etc. bisognerebbe esser orientati sulla ricerca di se stessi!
Il primo pensiero è che uno/a sia un idiota perché ha perso il lavoro, deve aver fatto qualcosa … Vogliamo parlare di orari assurdi di lavoro? Di ricatti ovviamente mai testimoniabili? Di condizioni e di paghe non all’altezza della dignità minima? No! Meglio non addentrarsi in questi discorsi.
Poi quando si capisce che la colpa non è del lavoratore, rimane il nulla!
Se non si hanno attorno familiari e amici più che illuminati ci si spegne gradatamente e si sprofonda in una baratro difficile da superare. Esistono però tanti che pensano di rincuorare assegnando piccoli lavoretti tappa tempo: già la persona è frustrata, perché abbassarsi pure a fare lavori noiosi, seppur ricompensati attraverso una sorta di forma di carità!
Si rischia di sparire, gli ex colleghi si preoccupano per te all’inizio, poi basta. I ritmi lavorativi sono così travolgenti e coinvolgenti a livello emozionale che viene loro a mancare il tempo di pensare a te. Se i colleghi diventano anche gli amici con cui si condivide il tempo libero, scatta spesso anche un progressivo isolamento.
Se ci si butta sugli psicofarmaci, senza un percorso di psicoterapia si è spacciati. Per non arrivare a popolare le notti insonni di fantasmi o personaggi inquietanti.
Può essere come tutti i periodi di crisi, anche un’opportunità per trovare una realizzazione personale mai raggiunta; uno sganciarsi da tempi troppo poco umani, da un lavoro accettato solo per portare avanti una relazione familiare in cui ci si è trovati incastrati, non usando la testa in modo troppo funzionale al proprio benessere.
Comunque un qualche gruzzolo per vivere bisogna averlo …