Lo fanno.
La fiera dell’ovvietà. Fatti nella loro sostanza talmente tanto banali, perché così ci hanno abituati a classificarli, grazie al fatto che ci piaccia spegnere la testa ogni tanto sulle manifestazioni delle brutture umane. Da diventare espressione della crudeltà naturale.
Figlio che uccide i genitori con o senza complice per problemi scolastici. Come se ai voti a scuola si potessero imputare tutte le responsabilità del mondo, come se la rabbia che si respira in certe case non dovesse sfociare ed esprimersi in tutta la sua potenza o il non fare potesse produrre buone azioni.
Nessuno che si accorge di nulla, sino a quando avviene l’esplosione e la lava del dolore allora copre tutto, facendo rimanere impietriti immobili. Ma poi questa crosta dovrà pur essere rimossa, la vita non si ferma davvero come dopo la colata lavica, questo figlio dovrà pur trovare una sua dimensione di vita.
Allenatore che utilizza i suoi giovani giocatori per assecondare i suoi bisogni perversi. La vetta si è raggiunta quando oltre l’allenatore c’era pure lo psicologo (altra figura considerata a tratti mostruosa). Scene talmente tanto orribili che si fa fatica a tenerle in testa anche solo per pochi secondi.
Non è che questi fatti accadano solo in ambiente maschile, sarebbe un grave errore di valutazione; certo i fatti di cronaca al femminile si coniugano diversamente.
Donna sfregiata – che nonostante segnalazioni e relativi provvedimenti di tutela attivati non viene protetta – e gioca la sua vita a dadi con un destino crudele ed insensibile ai suoi bisogni di donna, di essere umano.
Sono consapevole e lo so con certezza muovendomi per lavoro nel campo minato della violenza familiare, che molte rimangono incastrate oltre che per funzionamento personale e relazionale soprattutto per motivi economici.
Ma sino a quando non esisterà una reale parità condivisa a livello sociale, il divario verrà pagato a caro prezzo. Tutti contribuiamo a scavare un buco che inghiotte la dignità personale, quando non si è nella condizione di poter gestire la propria vita autonomamente.
In ultimo, escrementi di cane sull’antico ponte che porta alla chiesa di San Martino –Savona, forse perché i proprietari rapiti dall’estasi religiosa non si ricordano di provvedere ai loro animali e entrando di corsa in chiesa li mollano fuori? Credo che gli esseri umani possano contrastare maggiormente il loro innato senso di menefreghismo, per partecipare ad una gestione della vita quotidiana cittadina in modo che ne usciamo tutti un po’ più abbelliti.
Mi fermo, ma voi lettori potete sentirvi in diritto di segnalare, per cambiare. Fanno anche questo, esiste questa possibilità!