Condivido un contributo scritto di una cara lettrice: grazie mille!
Il mattino successivo al giorno del mio compleanno, mia figlia mi accoglie con un caldo buongiorno e abbracciandomi stretta mi dice “Buon inizio del tuo nuovo anno!” regalandomi una sensazione di festa, di sollievo, di calore. Un momento dopo mi si accendono pensieri e intuizioni che sciolgono qualcosa di antico, un grumo sconosciuto e fastidioso che da sempre ha ammorbato le settimane che hanno preceduto il giorno del mio compleanno.
Mi viene in mente per prima cosa quel senso di sollievo che non ha ragione di essere.. perché? E allora arriva l’altra illuminazione: penso a mia madre e alle sue terribili esperienze di parto quando mise al mondo i miei fratelli maggiori. Quando le nacque il primo figlio la ricoverarono in ospedale e dopo un paio di giorni le diedero l’estrema unzione; già questo fatto spiega quanto era messa male.. Dopo sei anni il secondo figlio lo partorì con molto dolore e molti rischi; era talmente sfinita che sua sorella si offrì di accudire il neonato e lo portò con sé, lo tenne per alcuni mesi finché mio padre andò a prenderglielo senza preavviso. Fu traumatico per mio fratello, per mia zia, per i miei genitori che ne sentivano la mancanza. Dopo altri quattro anni mia madre era di nuovo incinta. Il medico le consigliò di abortire perché forse non ce l’avrebbe fatta a risollevarsi dopo il terzo parto, considerato come erano andati i primi due. Lei si consigliò con la sorella maggiore di mio padre che aveva molta esperienza per aver partorito molti figli e per averne pianto di molti la morte. Lei la ascoltò e fu lapidaria nella risposta: “Se sei destinata a morire ti può succedere anche con l’aborto, perciò ti consiglio di non farlo”. Fu così che mio padre restituì alla farmacia quel che aveva comprato secondo prescrizione del medico per iniettare a mia madre il medicinale che mi avrebbe tolto la vita.
E’ comprensibile quindi l’ansia che accompagnò la gestazione e la mia nascita. E’ assolutamente comprensibile il sollievo di tutti quando il parto si rivelò veloce e quasi indolore ma soprattutto senza conseguenze nefaste né per mia madre né per me. Mia madre era felice perché le arrivò la bambina che tanto desiderava, senza danni e complicazioni. Dal giorno dopo fu festa.
Ma dopo tutti questi anni, come si spiega la sensazione di disagio, addirittura di pericolo che ha sempre preceduto il giorno del mio compleanno? Non può essere una così pervicace memoria prenatale.
Ed ecco l’altro pensiero. Mi viene in mente quel che ho letto recentemente in un bel libro dove si racconta di legami e concatenazioni ancestrali che si rivelano al protagonista con la presenza dei suoi avi, di generazione in generazione fino ai due homo sapiens che diedero origine alla sua stirpe.
Tra paradossi e avvenimenti incredibili, tutti concentrati in un’unica notte, si snodano davanti al protagonista le cause del suo modo di essere, delle sue scelte di vita, delle sue contraddizioni. Egli individua dalle rivelazioni di coloro che lo hanno preceduto i fatti e le esperienze che li segnarono profondamente, tanto che una incontrollata e inconsapevole reattività a quegli accadimenti verrà tramandata fino a lui. Così arriva la comprensione, l’accettazione di quel che si è e la forza di poter cambiare perché ciò che viviamo che sperimentiamo che scegliamo ha effetti che funzionano anche a ritroso: la nostra esperienza ha il potere di espandere i suoi effetti anche su coloro che ci hanno preceduto. Questa è l’affascinante conclusione del racconto.
Esso non è però solo fantasia anzi.. Parte da dati scientifici. L’epigenetica ha dimostrato, con esperimenti sui topi (studio di Dias-Ressler, Maryland, U.S.A.) che certi traumi hanno il potere di inscriversi nel DNA delle generazioni successive e far manifestare ai discendenti gli stessi comportamenti anche in assenza del trauma iniziale. Quindi, non solo il patrimonio genetico viene trasmesso ma anche un’informazione appresa!
Mi vengono in mente certi disagi, certi malesseri interiori, colpi di testa che contrassegnano la vita di ciascuno di noi e non abbiamo idea del perché abbiamo quelle particolari sensazioni, quel particolare insensato comportamento. Allora affiora il rimpianto di non aver manifestato sufficiente curiosità per la vita dei mia madre, di mio padre e di ciò che loro conoscevano della vita dei loro genitori e dei loro nonni. Vorrei poter interrogare i miei avi per conoscere fatti salienti delle loro vite; forse così riuscirei a capire molto di più di me stessa.
Fino a non molti decenni fa la vita media non superava i 60-70 anni, non rimaneva abbastanza tempo alle nuove generazioni, raggiunta la necessaria maturità e consapevolezza, di indagare con equilibrata e costruttiva curiosità sulla vita di genitori ed antenati. Oggi l’aspettativa di vita oscilla fra gli 80-90 anni e tende ad aumentare.
Un’occasione per le generazioni attuali e per quelle future di “contattare” il vissuto dei loro cari, direttamente dalle fonti! Purché ci sia voglia di indagare davvero, di fare domande e soprattutto di ascoltare le risposte. Potrebbe essere una delle vie verso la consapevolezza e per assumersi una più ampia responsabilità su come viviamo e sulle scelte che facciamo perché le conseguenze non si limitano alla nostra vita attuale ma si estendono oltre.
1 Diego Cugia -Nessuno può sfrattarci dalle stelle-
2 Lo studio è stato pubblicato nel 2013 su “Nature Neuroscienze” da Brian Dias e Kerry Ressler dell’Howard Hughes